| Leudi tirati in 
  secco sulla spiaggia di Sestri Levante. La stessa spiaggia 
  nel 1900 si può vedere alla scheda 
  577A. Il leudo è 
  un'imbarcazione a vela da lavoro adibita principalmente al trasporto e 
  talvolta alla pesca. Sua caratteristica peculiare è quella di essere una barca 
  alturiera operativa a partire dalle spiagge e quindi autosufficiente poiché 
  non necessita di alcuna attrezzatura portuale.
 Le dimensioni, la forma e l'attrezzatura sono funzionali a questa 
  particolarità di esercizio che richiede un alaggio rapido anche a pieno 
  carico.
 
 La lunghezza dello scafo si aggira sui 15 - 16 metri, la larghezza è di circa 
  6 metri, il puntale non raggiunge i 2 metri, mentre l'altezza di costruzione 
  supera i 4 metri. La stazza lorda oltrepassa di poco le 20 tonnellate mentre 
  la capacità di carico può raggiungere anche le 25 - 30 tonnellate di peso.
 
 L'attrezzatura velica è costituita da un solo albero a pioppo, cioè in un 
  solo pezzo, fortemente inclinato verso prua e con la testa a calcese e la cui 
  lunghezza, dal piede appoggiato sulla scassa, è leggermente inferiore a quella 
  dello scafo.
 
 L'albero, privo di crocette e di sartiame fisso, è armato con una vela latina 
  retta da un'antenna composita lunga quasi 20 metri e costituita normalmente da 
  tre elementi. La velatura è completata da un fiocco di grandi dimensioni 
  murato su di un bompresso rientrabile, la cui lunghezza può superare i 6 
  metri.
 
 La forma dello scafo ricorda quella del gozzo ligure, con la prua alta 
  leggermente protesa in avanti, il dritto sporgente a formare la classica 
  pernaccia, un cavallino longitudinale accentuato e la poppa a cuneo con il 
  dritto pressoché verticale che porta un timone a barra, sfilabile anche 
  parzialmente, originariamente a calumo, cioè sporgente sotto lo scafo a 
  formare pinna di deriva.
 
 Trasversalmente lo scafo è caratterizzato da un bolzone molto accentuato, cioè 
  da un piano di coperta fortemente bombato, detto a schiena d'asino.
 Il fondo è abbastanza piano e i 
  fianchi svasati; la loro unione determina un ginocchio marcato nella sezione 
  maestra che si annulla con l'avvicinarsi alle sezioni prodiere e poppiere.
 La chiglia, in legno massiccio a sezione quasi quadra, sporge sotto lo scafo 
  per una quindicina di centimetri. Dall'unione fra lo scafo e il piano di 
  coperta, sul trincarino, si innalza un'imponente impavesata che determina un 
  vero e proprio parapetto traforato da una lunga serie di ombrinali 
  semicircolari. Le forme dello scafo sono generalmente piene, più accentuate a 
  prua che a poppa.
 
 Il carico delle stive avviene tramite due grandi boccaporti disposti a 
  proravia ed a poppavia dell'albero mentre all'equipaggio sono riservati gli 
  spazi ricavati alle estremità dell'imbarcazione: il comandante e un aiuto a 
  poppa, nella camera dove, grazie ed un tambuccio, si poteva stare in 
  piedi; gli altri due o tre marinai sotto la prua.
 
 L'aspetto d'insieme dell'imbarcazione è improntato ad una grande armonia di 
  forme e di volumi che la fanno apparire, quando è in acqua, molto più piccola 
  di quanto non sia nella realtà; solo il raffronto diretto con le altre barche 
  restituisce al leudo l'imponenza dei suoi oltre venti metri di lunghezza fuori 
  tutto.
 
 I quattro leudi superstiti sono tutti motorizzati, ma nessuno era dotato di 
  motore all'atto della costruzione; in effetti le qualità manovriere sotto vela 
  erano tali da permettere loro di rimanere commercialmente concorrenziali fino 
  ai primi anni '50.
 Note tecniche e storiche del leudo alle schede
  
  011A, 
	
  155A, 
	
	926A. Per altre notizie ed immagini dei leudi vedansi le schede 
	
	012A, 
	
	
	147A,
	150A,
	235A,
	236A, 
   
	574A, 
	
	
	575A,
	576A,
	613A,
	849A,
	927A,
	934A,
	
	960A,
	
	961A,
	
	962A,
	
	963A,
	
	964A. |